Black Bag di Steven Soderbergh

Condividi su:

Black Bag di Steven Soderbergh

In un panorama mondiale sempre più compromesso nella sicurezza e privacy dell’individuo, Black Bag (2025) di Steven Soderbergh si posiziona nell’occhio del ciclone, come una pellicola di spie tinta di giallo e immersa nell’introspezione.

E’ di fatto David Koepp, sceneggiatore di pellicole cult come Jurassic Park (Spielberg, 1993) e Mission: Impossible (De Palma, 1996), che collaborò con Soderbergh in Kimi (2022) e Presence (2024), che conferma la visione dei due artisti come unica ed efficace: la camera e i dialoghi comunicano tra loro come singolo medium, l’intimità e la quasi assenza di scene in esterno rafforza i discorsi di personaggi stratificati che sfioriamo solo in superficie, lasciandoci il desiderio di conoscere altro. Il film è una prova non inedita , ma in ogni caso peculiare , del genere della pellicola di spie , ma senza azione: è un film da camera con dialoghi introspettivi, ma  anche un giallo con furto e omicidio. Soderbergh ci trasporta nella vita di coppia di due agenti dei servizi segreti inglesi (Fassbender e Blanchett, entrambi in forma smagliante) incastrati in una questione di sicurezza mondiale e costretti a indagare privatamente sul probabile colpevole, nonché talpa all’interno del loro stesso ufficio. Soderbergh amalgama stili diversi tra romanzo giallo e fratelli Coen, dipinge la tela con colori pregiati, cavalcando l’onda moderna della ricchezza in crisi e isola il protagonista George Woodhouse quale marito fedele ma misterioso.

Black Bag è un assassinio che si cela dietro inganni, parole e cene tra amici: la forza della pellicola sono i dialoghi e corrispondenti location che portano avanti un giallo teatrale con spunti alla Agatha Christie. Soderbergh salta da una parte all’altra delle varie stanze in cui si sviluppano discorsi ed interrogatori con una camera ampia e fissa, quasi a volerci parlare di una mancanza di compassione verso i soggetti stessi, umani ormai tristi e disillusi. Il film è infatti permeato da un alone di freddezza e solennità che condisce i personaggi con fascino ed eleganza , ma li allontana dallo spettatore marchiandoli come semplici pedine, ingranaggi di un mondo ormai troppo piccolo e costantemente sorvegliato da satelliti sempre più numerosi.

Tale cinismo, soderberghiano potremmo dire, in Black Bag, non viene satiricamente reciso o stemperato, come accadeva nella trilogia Ocean’s, o almeno non con modalità tanto palesi.  Al contrario, menzogna ed inganno, sono i pilastri sui quali Soderbergh fonda scrittura e recitazione di personaggi oscuri: il mondo sembra ormai uno stagno di acqua torbida dove verità e finzione  si confondono tra loro, lasciando spazio alla libera interpretazione. Fortunatamente però il regista, non dopo pochi giri, ritorna alla realtà oggettiva, al Colpevole, restituendo all’opera l’eleganza di un finale certo e distensivo.

Un cast ridotto ed efficace e una scrittura snella in grado di leggere tra le pieghe dei personaggi sono i fattori principali che rendono Black Bag un piacevole giallo  da camera, che stringe un rapporto equo con il pubblico, che, uscendo soddisfatto dalla sala, quasi si chiede se non sia questo il fine di un film valido: intrigare per poi dissolvere.

Condividi su:

Pubblicato il:

8 Maggio 2025

Tag:

Consigliati per te