Paprika di Satoshi Kon in 4K

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Paprika- Sognando un sogno

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Paprika – Sognando un sogno (2006) di Satoshi Kon è tornato nelle sale italiane il 17, 18 e 19 febbraio in una versione restaurata in 4k. Il maestro giapponese dell’animazione onirica, sempre a cavallo tra sogno e realtà, riesce, nel suo ultimo film, a esprimere chiaramente il suo pensiero sull’arte cinematografica e sulla sua funzione. Uscito qualche anno prima della sua scomparsa, Paprika rientra indubbiamente nella cerchia dei film cult, ma risulta essere ancor più una pellicola non incasellabile, senza fine o inizio, una storia  eterea come la sua protagonista, vivace e flessibile come l’animazione del suo creatore.

E partiamo da questa pellicola per discutere ed esplorare l’inestimabile lavoro che, da ormai diversi anni, guida gli appassionati di cinema – in particolare d’animazione – nella riscoperta, preservazione e restauro di opere che il tempo ha iniziato a segnare. Un impegno che abbraccia tanto i capolavori del passato quanto quelli più recenti, come nel caso dell’opera di Satoshi Kon, originariamente realizzata su pellicola e ora riproposta con una risoluzione più elevata.

Le inestimabili lastre di acetato su cui fino a pochi decenni fa venivano animate icone come Biancaneve (Hand, 1937) e capolavori come Akira (Ōtomo, 1988) non hanno ancora abbandonato il panorama dell’animazione contemporanea. Opere moderne come Appuntamento a Belleville (Chomet, 2003) o The Secret of Kells (Moore – Twomey, 2009), infatti, continuano a utilizzare l’acetato e la pellicola come scelta stilistica, come marchio di autenticità. E proprio come i dischi in vinile, queste tecniche riaffiorano in controtendenza rispetto al mondo attuale, riaffermando il loro valore senza senza tempo, il loro fascino perenne.

È infatti con la digitalizzazione del processo artistico nell’animazione che le pellicole non sono più soltanto oggetto di nostalgia, ma anche di rinnovata ammirazione, tradotta poi in un crescente interesse per la loro salvaguardia e conservazione. Si tratta di un processo lungo e meticoloso, affidato a tecnici che non sono semplici restauratori, ma veri e propri amanti del cinema, guidati più dalla passione che dal semplice dovere.

Il lavoro del restauratore inizia con la ricerca delle pellicole, spesso custodite in archivi o collezioni private. In alcuni casi, si tratta di pellicole orfane: film non appartenenti ad alcuna grande case di produzione dell’epoca – solitamente molto scrupolose e gelose delle proprie opere – e che, per questo, sono andate disperse tra vecchi uffici e soffitte polverose. Una volta recuperate, le pellicole vengono sottoposte a un’attenta analisi fisica. Ogni centimetro passa tra le mani del restauratore che ne verifica lo stato di conservazione, controllando eventuali malformazioni nei ‘buchi di perforazione’ che potrebbero compromettere il corretto scorrimento nella macchina da proiezione. È un lavoro di estrema precisione e delicatezza, che prevede anche il rinforzo dei punti più critici, in particolare nei famosi “cut”, dove un tempo i tagli venivano eseguiti con forbici e colla. I film vengono successivamente digitalizzati attraverso scanner ad altissima risoluzione, in grado di catturare ogni minimo dettaglio di ogni singolo frame senza perdita di qualità. Solo dopo questa fase gli artigiani del restauro possono intervenire, lavorando fotogramma per fotogramma con l’ausilio delle più moderne tecnologie e della computer grafica, grazie alle quali è possibile correggere imperfezioni ed eliminare eventuali tagli o abrasioni.

Nel caso di Paprika, uno degli interventi più significativi ha riguardato la tavolozza dei colori, che nel tempo potrebbe essersi sbiadita o risultare desaturata sugli schermi moderni. Si tratta di un processo di modernizzazione con l’obiettivo di restituire freschezza e intensità a suoni e colori e riscoprire un film altrimenti invecchiato, senza però compromettere in alcun modo l’intenzione artistica originale.

È così che la tecnologia si trasforma nella chiave strumentale che prima distrugge e poi salva il cinema analogico. Un processo di restituzione che permette di rivivere i capolavori di un maestro come Satoshi Kon, quali Perfect Blue (1997), proiettato nuovamente al cinema nel 2024, e ora Paprika, grazie alla distribuzione di Nexostudios. Queste nuove proiezioni vibranti non solo preservano, ma elevano l’esperienza cinematografica, ridando forza e visibilità a film che hanno raccontato il genio visionario di Satoshi Kon.

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Pubblicato il:

19 Febbraio 2025

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