Il mistero scorre sul fiume di Wei Shujun
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Un bambino gioca a fare il poliziotto in un’abitazione abbandonata. Correndo nei corridoi si trova davanti a se una porta, lentamente vi si avvicina, la apre e si spaventa. Dall’altra parte i resti e le macerie di un villaggio in rovina, Banpo, Cina degli anni 90. Una sequenza iniziale che lascia libero spazio all’interpretazione, quella de Il mistero scorre sul fiume (2023), terza pellicola del regista cinese Wei Shujun tratta dal racconto Errore in riva al fiume di Yu Hua.
Il capitano del distretto di polizia Ma Zhe (Zhu Yilong) è sulle tracce di un assassino dopo che una donna è stata uccisa in riva al fiume. Nella borsa della vittima viene trovata una cassetta, il primo pezzo di un intricato puzzle che si sviluppa lungo l’intera pellicola. Il secondo pezzo a cui conducono le indagini, ancora più misterioso, porta Ma Zhe e il suo capo (Hou Tianlai) a sospettare che “il pazzo” del villaggio sia in qualche modo coinvolto nella serie di delitti che si stanno verificando a Banpo, anche se non ci sono prove concrete. Tuttavia, le morti successive creano confusione riguardo agli alibi e ai motivi dei sospettati, svelando contemporaneamente segreti a lungo tenuti nascosti nella comunità del villaggio.
Un film girato in 16mm, lento, tra il più classico dei noir e un poliziesco dei primi anni duemila, con un tocco onirico e metaforico, dimostrato dalle diverse sequenze che mescolano sogno e realtà in cui è immerso il capitano Ma Zhe e in cui ci troviamo coinvolti anche noi. L’ambientazione sulle rive del fiume, un’atmosfera grigia e cupa, la pioggia che cade dopo ogni omicidio, l’acqua come testimone unico e costante di una serie di delitti. L’unico elemento che lega questa serie di omicidi è l’agonia esistenziale vissuta dal protagonista, che ci viene restituita attraverso un lento e inesorabile sprofondare nella follia, accompagnato da una confusione tipica che si colloca nel mezzo tra ciò che crediamo di aver visto e ciò che in realtà non è: effettivo ed illusione. Tutte scelte che evidenziano la maestria cinematografica di Wei Shujun e la fedele trasposizione del racconto di Yu Hua. Un thriller controverso che, proprio come nella scena d’apertura, ci spinge a inseguire invano qualcuno o qualcosa, guardando attraverso lo schermo e aprendo quella porta, lasciando dietro di sé i resti di un puzzle pieno di buchi, un enigma senza soluzione.
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