Imago di Olga Chajdas

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Imago di Olga Chajdas

L’anteprima italiana di Imago (2023), secondo lungometraggio dell’allieva di Agnieszka Holland, Olga Chajdas, non poteva trovare lido migliore del Seeyousound, festival torinese ormai giunto all’undicesima edizione. La musica, che guida e scandisce l’intera opera, risuona nello spettatore e ne orienta la visione. Le martellanti melodie prendono il centro della scena quando Ela (Lena Góra, anche sceneggiatrice e figlia della donna la cui vita ha ispirato il film) decide quasi involontariamente di assumere il ruolo di cantante, con lo pseudonimo di Malwina The Cosmic Mother, in una band post-punk polacca. Proprio quando il successo sembra essere alle porte, Ela dovrà però abbandonare la scena musicale a causa della gravidanza appena riscontrata.

Il film della Chajdas consiste esattamente in questa evoluzione interrotta. Il titolo “Imago”, nel suo significato zoologico, rimanda infatti all’ultima fase della metamorfosi dell’insetto, in cui l’intero processo si concretizza nel raggiungimento del risultato immaginato, una forma perfetta. È la società polacca di fine anni Ottanta, in piena transizione dall’era comunista a quella democratica, con la sua euforica e illusoria brama di libertà, a costringere Ela a rifugiarsi nel bozzolo familiare dal quale stava riuscendo a fuggire. Incastrata nella propria casa, figlia minore di un nucleo composto di nove elementi e dominato da una madre anaffettiva, Ela si troverà a essere costantemente masticata e risputata dalla propria famiglia. A causa infatti di un disturbo bipolare della personalità verrà internata, contro la sua volontà, in un manicomio che non l’abbandonerà mai del tutto, dato che i familiari continueranno a intimarle di rispedirla nella struttura al minimo passo falso.

Nonostante tutti i suoi sforzi di rinnovamento – rappresentati perfettamente dalla ripetizione ossessiva del verbo change e accompagnato dalla continua alternazione della posizione dell’orecchino – Ela sarà quindi costretta, in una sorta di rewind, a ritornare al proprio nido e, amplificando subdolamente l’illusoria sensazione di libertà, a costruirne uno insieme al suo nuovo amore Stach (Waclaw Warchol). Cosa rimane infine della liberazione sessuale assaporata, della leggerezza provata e della passione musicale solo per un attimo conquistata? In uno dei più classici “cambiare tutto per non cambiare nulla”, la risposta non può che essere sempre la medesima: niente.

O quasi. In un impeto finale infatti Ela prova a spezzare il circolo vizioso generazionale cercando di instaurare un rapporto madre-figlia opposto a quello da lei vissuto. In un corto circuito metacinematografico chiede alla figlia neonata di aiutarla, supportarla e, infine, realizzare insieme un film. Quello che abbiamo davanti ai nostri occhi non è quindi altro che la realizzazione di quella promessa suggellata tanti anni addietro. Un tributo familiare che, per quanto possibile, allevia le ferite di una vita altrimenti tetra e asfissiante.

Il programma completo del SYS ELEVEN è disponibile qui.

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Pubblicato il:

27 Febbraio 2025

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