Mission: Impossible – The Final Reckoning di Christopher McQuarrie

Diretto da
Starring
A soli due anni di distanza da Mission: Impossible – Dead Reckoning (Christopher McQuarrie, 2023), la trentennale saga action statunitense torna nelle sale con Mission: Impossible – The Final Reckoning (Christopher McQuarrie, 2025) per concludere le vicende avviate e bruscamente interrotte nel capitolo precedente, e per tirare le fila dell’intera storia di Ethan Hunt (Tom Cruise), agente dell’IMF – sezione ultra-segreta della CIA che si occupa di operazioni segrete ad alto rischio – adesso giunto al definitivo passo d’addio.
L’opera si ricongiunge immediatamente con la conclusione del settimo episodio ripresentando la minaccia da sventare – un’Intelligenza Artificiale denominata l’Entità che, divenuta senziente, ha preso in ostaggio il pianeta grazie al controllo dell’arsenale atomico di ogni nazione – e la recente squadra che accompagnerà Ethan durante quest’ultima impossibile missione.
Ciò che realmente rasentava il miracolo era però, date le premesse imbastite in Dead Reckoning, riuscire a consegnare al pubblico una degna conclusione della saga. A non funzionare in The Final Reckoning sono infatti tutti gli elementi appena introdotti, ovvero la formazione che affianca Ethan, quasi interamente priva di legami emotivi con il protagonista, e il nemico che li si contrappone: non tanto l’Entità, variazione forse eccessivamente roboante e paranoica di un pericolo però sempre più concreto, quanto Gabriel (Esai Morales), sua emanazione fisica totalmente sopra le righe e altrettanto sprovvista di qualsivoglia caratterizzazione in grado di esaltarne il suo ruolo di antitesi dell’eroe.
A venir meno sono quindi le due componenti capaci, in un complesso gioco di specchi che rappresenta uno degli strumenti distintivi della drammaturgia dell’action, di tratteggiare e illuminare le sfumature di un personaggio, quello di Ethan, altrimenti monolitico, rigido e inespressivo.
McQuarrie rimane così vittima delle aspettative da lui stesso create con Rogue Nation (2015) e Fallout (2018), rispettivamente quinto e sesto episodio (probabilmente i migliori), che avevano dimostrato come fosse possibile fornire profondità e spessore a un personaggio precedentemente modellato (Mission: Impossible III [J. J. Abrams, 2006] ne è l’evidente dimostrazione) come mero eroe “usa e getta”, interdetto da qualsiasi possibilità di sviluppare legami sinceri e duraturi.
Al regista statunitense non resta quindi che giocarsi la carta della nostalgia, con il duplice intento di inspessire la compagine di Ethan, altrimenti priva di membri rilevanti, e di esibire una posticcia coesione narrativa tale da legittimare un capitolo conclusivo così estraneo ai restanti Mission: Impossibile. Probabilmente consapevole di aver imboccato un sentiero privo di uscite, McQuarrie non riesce nemmeno a stordire e sbalordire lo spettatore con le consuete adrenaliniche evoluzioni di Tom Cruise, portando in porto, senza particolari sussulti, una saga tristemente arenatasi proprio nel momento cruciale.
Pubblicato il:
Tag:
Consigliati per te
'La trama fenicia' ci catapulta nuovamente nel forse usurato, ma sempre più coerente, mondo-set di Wes Anderson.
"Lilo & Stitch" è l'ennesimo lavoro della Disney che dimostra come la casa di produzione abbia cambiato prospettive.
Nel giorno del suo compleanno, una monografia per ripercorrere il cinema di Paolo Sorrentino, tra stile, visione e identità autoriale.