Il bene più prezioso di Michel Hazanavicius

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Il bene più prezioso di Michel Hazanavicius

La venticinquesima edizione del Sottodiciotto Film Festival & Campus ospita l’anteprima dell’ultimo film del premio Oscar Michel Hazanavicius, Il bene più prezioso (La Plus Précieuse des marchandises, 2024), già in concorso al 77° festival di Cannes e sul punto di approdare nelle sale italiane in occasione del prossimo Giorno della Memoria. Un’apparizione, esattamente come quella della piccola ebrea gettata da un treno della morte in movimento e poi raccolta, nutrita e coccolata da una coppia di poveri boscaioli (Dominique Blanc e Grégory Gadebois) – come vengono più volte nominati dal narratore esterno (Jean-Louis Trintignant).

Probabilmente nessun’altra filmografia mondiale (neanche quella tedesca) ha saputo analizzare così onestamente e criticamente il proprio operato durante la Seconda guerra mondiale come quella francese. A partire dalla mastodontica opera documentaria di Marcel Ophüls, Le Chagrin et la Pitié (1969), e poi nuovamente all’inizio del nuovo millennio con film come Monsieur Batignole (Gérard Jugnot, 2002), sono state diverse e variegate le autoriflessioni che hanno saputo indagare senza pietà le matrici del sentimento antisemita francese e la natura del conseguente collaborazionismo.

Il film di Hazanavicius però non si ferma a elaborare le colpe nazionali. Nel momento in cui inizia a ricostruire il destino parallelo e alternativo della piccola trovatella, ovvero quello della gemella, destinata a raggiungere i campi insieme ai genitori, il film si distacca dal racconto fiabesco (per quanto cupo) e sfrutta l’animazione come strumento in grado di tratteggiare, forse come non mai, le maschere d’orrore che abitavano i campi di sterminio. Il tratto stilizzato non solo cattura pedissequamente gli occhi spalancati, e i volti scavati in cui erano incastonati, degli ebrei reclusi, ma riesce persino a restituire il vuoto inumano dei corpi scheletrici, impilati gli uni sopra gli altri a formare una massa indistinta e inscindibile. Una delle immagini più mostruose e disperate dell’intera storia dell’umanità.

Il bene più prezioso è inoltre capace di non piegarsi alle ricorrenti modalità narrative ormai adoperate dalla maggioranza dei titoli del cosiddetto “cinema della Shoah”. Non solo rifiuta lo statuto di film per ragazzi – spesso assegnato solo in quanto opera d’animazione –, e di conseguenza di film didattico – l’opera risulta infatti incomprensibile senza adeguate conoscenze storiche, che non vengono colmate durante la visione –, ma soprattutto evita le classiche trappole sentimentali utopicamente speranzose. Impregnato di morte e desolazione dalla prima all’ultima scena (incarnate nella voce funerea ma ironica di Trintignant, nel suo ultimo ruolo prima della dipartita) riesce perfino a rifiutare la tentazione di rifugiarsi in un finale riconciliante e riparatorio. Anzi lo nega esplicitamente. Il ricongiungimento è irrealizzabile: come proveniente da un universo completamente differente, il padre sopravvissuto non viene riconosciuto dalla bambina in quanto trasfigurato dal dolore delle atrocità subite. Non c’è possibilità di vita per chi è sopravvissuto ai campi. Forse solo per chi ne è sfuggito.

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Pubblicato il:

13 Dicembre 2024

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