Ritorno al futuro di Robert Zemeckis

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Grande Giove! avrebbe detto il famigerato scienziato pazzo Doc (Christopher Lloyd), pensando ai quarant’anni trascorsi dall’uscita in sala di Ritorno al futuro (1985), opera che non solo ha dato vita ad una trilogia diretta da Robert Zemeckis – segnando la storia del cinema – ma ha anche plasmato la cultura di milioni di fan in tutto il mondo. Scientificamente impossibile (almeno per il momento) e umanamente assurdo, Ritorno al futuro è un film che nella sua leggerezza e surreale realtà, affronta per la prima volta in chiave moderna il viaggio nel tempo, utilizzando elementi tipici dell’epoca (come l’ormai iconica automobile DeLorean), e toccando temi significativi e atemporali come l’amicizia e il bullismo.
La riuscita del racconto sta nell’accostamento di elementi dell’attualità degli anni Ottanta, in cui è ambientata la prima parte del film, ad una realtà degli anni Cinquanta dove si svolge il resto della storia, più legata alla generazione dei genitori dell’epoca. Così facendo, riesce a coinvolgere nella visione entrambe le fasce d’età, andando a sollecitare la nostalgia di un passato realisticamente irrecuperabile, evocato dai costumi e dalle musiche.
La pellicola – che non è stata di facile realizzazione a causa dell’iniziale mancanza di finanziamenti e dei problemi con gli attori – è il frutto della collaborazione tra Zemeckis, reduce dal successo di All’inseguimento della pietra verde (1984) e lo sceneggiatore Bob Gale, i quali parlando delle vicissitudini della vita iniziarono a scrivere la storia di un improbabile duo: un giovane studente di nome Marty McFly (Michael J. Fox) e il suo folle amico, il vecchio scienziato “Doc” Emmett Brown alle prese con la sua ultima invenzione, una macchina del tempo.
L’esito positivo dell’esperimento porta però i due ad affrontare numerosi problemi legati all’alterazione delle linee temporali. Una volta approdato nella fittizia cittadina anni ‘50 di Hill Valley, Marty incontra la versione diciassettenne del suo goffo padre George, intento ad evitare le incessanti richieste del prepotente Biff Tannen, il bullo della scuola che lo tormenta. A seguito di un incidente, il protagonista viene ospitato nella famiglia della madre (allora ragazza) Lorraine – che inizialmente colta da una sindrome da crocerossina, s’innamora di Marty e non di George – cambiando così il continuum spazio-temporale e mettendo a rischio il possibile incontro dei suoi genitori (e quindi la nascita dello stesso Marty). Per tornare al presente, il ragazzo si vede quindi costretto a farsi aiutare dal giovane dottor Brown, il quale accetta con non poche perplessità.
La corsa contro il tempo di Marty lo porta, grazie alla sua bontà d’animo, ad aiutare anche il padre con i problemi legati all’insicurezza e al bullismo, trasformandola in una storia di rivalsa dei deboli emarginati contro i soprusi dei più forti. La lealtà e il coraggio del ragazzo sono spesso enfatizzati nell’opera, tanto che – per salvare Doc dalla sparatoria iniziale di cui cade vittima – gli scrive una lettera dal passato avvertendolo del pericolo futuro, nonostante gli avvertimenti legati al possibile sconvolgimento degli eventi ancora non successi. Il finale ciclico che ricolloca il protagonista dove tutto era iniziato – di nuovo a bordo della DeLorean – porta lo spettatore alla conclusione che, forse, vale la pena di influenzare gli eventi (futuri o passati che siano) perseguendo valori immutabili come l’amicizia e l’onestà, rendendo così Ritorno al futuro un capolavoro senza tempo.
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