The Shrouds – Segreti sepolti di David Cronenberg

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The Shrouds - Segreti Sepolti di David Cronenberg

Il visionario regista David Cronenberg torna sul grande schermo con The Shrouds – Segreti Sepolti (2024), rendendo omaggio alle sue radici interrogative ed inquietanti. Con un thriller psicologico più che tipicamente cronenberghiano (forse fino a risultare stucchevole), l’autore di film capostipiti del body horror come Videodrome (1983) e La mosca (1986) ci regala un’interessante esplorazione di un futuro distopicamente ipertecnologico, abbandonandosi all’inermità che, inevitabilmente, definisce il rapporto umano con la vita e la morte. 

Il protagonista Karsh (Vincent Cassel) ha perso la moglie Becca (Diane Kruger), ma non è pronto a separarsi dal suo corpo, che ha per tanto tempo amato. La morte ha portato via la vitalità della donna, la sua essenza, la sua anima. Le sue spoglie rimangono ai vivi come un guscio aperto, simbolo di una fisicità che si esaurisce con una facilità disarmante. Mosso dalla disperazione, l’uomo si improvvisa imprenditore: collaborando con diverse aziende estere, crea un sistema rivoluzionario di tumulazione che renda possibile la costante sorveglianza dei defunti, conservati ed osservati grazie a un prototipo di sindoni dotate di telecamere a visione tridimensionale (le “shrouds”).  Il tentativo estremo di mantenere un rapporto materiale con la compagna sfocia così nella creazione di un qualcosa di nuovo, innaturale, volto a controllare ciò che è, ormai, vecchio e ammuffito. Il processo si dimostra costoso; l’accesso alla tecnologia diviene una possibilità riservata a pochi, tanto elitaria quanto alienante nelle sue ambizioni quasi divine. 

Mentre nel suo Cosmopolis (2012) Cronenberg utilizzava la figura del CEO come esplicita parabola drammatica per il capitalismo, The Shrouds la vede come oscillante simbolo di un dualismo a dir poco satirico, che rilega l’uomo superficialmente “appagato” in un costante squilibrio tra lussuriosa ricchezza e mondano dolore. L’apparente umanità che lega Karsh alla moglie si rivela – attraverso i suoi ricordi – una dinamica sentimentale profondamente codipendente, spezzata da una malattia da cui, nonostante i progressi scientifici, non si guarisce ancora. Così, il romanticismo di un uomo distrutto dalla sofferenza si trasforma in una dimostrazione di totale apatia relazionale, che si rivela nella sua forma definitiva solo nel momento in cui diventa possibile assumere il pieno controllo fisico del cadavere della donna.  

L’abisso del lutto ci viene presentato come un vortice avvolgente e totalizzante, così potente nella sua forza distruttrice da lasciare completamente disarmato chiunque ne venga risucchiato. Ciononostante, le spoglie di Becca vengono utilizzate come merce di scambio, oggetto di desiderio, gara di forza e di potere politico, fisico ed emotivo. Le fantasie sessuali che tutti i personaggi continuano a nutrire per il suo corpo mutilato sono la malsana materializzazione di uno sguardo senza empatia, riversato in un’egocentrica feticizzazione per la decomposizione organica e sociale. I pensieri, i sogni, persino le lucide allucinazioni che costellano la vita di Karsh ne sono la prova tangente, che segna la volontà del regista di comunicarci – forse addirittura in maniera troppo esplicita e reiterata – che, alla fine dei conti, dalla morte non scappa nessuno.

Nonostante l’evidente volontà di stare al passo con i tempi (che Cronenberg ha sempre ampiamente anticipato), pare tuttavia che l’autore sia oramai poco incline a sperimentare, concentrandosi a livello visivo e contenutistico su un’estetica già abbondantemente esplorata nel corso della sua carriera. In ogni caso, come accadeva con le sue opere precedenti, il quesito a cui non possiamo trovare risposta nemmeno dopo la visione della pellicola è sempre il medesimo: qual è il scopo dello sviluppo tecnologico? Fino a quando l’umanità proverà ad emulare capacità e conoscenze che, naturalmente, non le appartengono? In questa ottica – nonostante i suoi limiti – è difficile pensare a un film che riesca a rappresentare l’era della capitalizzazione digitale in cui viviamo meglio di The Shrouds.

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Pubblicato il:

8 Aprile 2025

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