Marcello Mio di Christophe Honoré
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«Ti vorrei più Mastroianni che Deneuve». Le parole che la regista Nicole Garcia rivolge a Chiara Mastroianni sintetizzano in maniera laconica e lapidaria tutto il peso che la figlia del celeberrimo Marcello porta sulle sue spalle, come fosse un’ombra che mai la abbandona. Ne scaturisce una crisi, quasi esistenziale, rea di portare la protagonista a chiedersi il motivo per cui le persone che la circondano non le riconoscono i propri meriti, ma continuano a percepirla esclusivamente come “la figlia di”. Da qui l’idea, la svolta: Chiara decide di trasformarsi nel padre, dalle gesta alle movenze, dagli accessori, come il cappello, e persino il baffo, al nome – da quel momento in avanti si farà chiamare infatti Marcello. Una crisi identitaria razionale e riflessiva, che ben presto assume le forme, come dice la madre Catherine, di un vero e proprio furto d’identità. Ma più di questo: un atto provocatorio, un segno di protesta. E forse, in senso più nostalgico, un modo per potersi riavvicinare al padre di cui sente tanto la mancanza. Non solo un omaggio alla figura del mitico attore, questa la particolarità non scontata di Marcello mio, ma qualcosa di più intimo, un’interessante riflessione sul rapporto che intercorreva, e tuttora intercorre, tra questi e sua figlia.
L’affresco di un ambiente familiare tanto peculiare si miscela con uno sguardo tenero sulla Parigi moderna – meta di notevole importanza nella carriera, e nella vita, del mitico attore italiano. Tuttavia, verso la coda finale dell’opera, il gusto onirico sembra disperdersi in favore di una pragmaticità controproducente. E anche il fluire docile del ritmo narrativo è interrotto da un’ospitata di Chiara su Rai 1 – con tanto di logo in alto a sinistra – per un classico e stucchevole “indovina chi?” con Stefania Sandrelli. Una scena fuori luogo, che stride fortemente con l’atmosfera trasognata costruitasi fino a quel momento. È dunque con queste modalità, a metà tra l’onirico e il concreto, che Christophe Honoré e Chiara Mastroianni, qui alla loro settima collaborazione, decidono di celebrare Marcello, uno dei più grandi attori della storia del cinema, al centenario della sua nascita. Non un documentario, e nemmeno una semplice ricostruzione biografica, ma un’operazione artistico-memoriale insieme nostalgica e bizzarra, messa in scena grazie a una trasformazione intima e attoriale della figlia Chiara e dalla presenza costante di scene, omaggi e citazioni ai film che hanno reso Marcello immortale.
di Daniele Dragone.
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