La mia famiglia a Taipei di Shih-Ching Tsou

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La mia famiglia a Taipei di Shih-Ching Tsou

Quando gli adulti parlano, tu fai silenzio. In vista della sua imminente distribuzione, la 26° edizione del Sotto18+ Film Festival ha proposto una proiezione speciale della commedia dolceamara La mia famiglia a Taipei (Left-handed girl), che segna il debutto solista alla regia di Shih-Ching Tsou, nota per il lungo sodalizio con il neo-premio Oscar Sean Baker.

L’opera esplora il fragile equilibrio di una piccola famiglia formata da tre donne, costrette ad abbandonare la vita di campagna a causa di ingenti debiti per ritornare nel trambusto di Taipei. Shu-fen (Janel Tsai) è una madre single pronta a iniziare una nuova vita aprendo un banchetto di noodles in uno dei più frequentati mercati taiwanesi; eppure ancora insiste a farsi economicamente carico dell’ex marito che, nonostante le abbia abbandonate da anni, ora richiede la sua assistenza da un letto d’ospedale. La sua figlia maggiore, I-Ann (Shi-Yuan Ma), è un’adolescente impetuosa che ha sacrificato i suoi sogni universitari per lavorare come betel nut girl — ragazze-in-vetrina vestite in modo succinto per attrarre clienti in bugigattoli che vendono semi di palma betel come energizzanti ed eccitanti.

La protagonista assoluta è però la piccola e vivace I-Jing (Nina Ye), il cui sguardo curioso ci guida attraverso il film, mentre trascorre il suo tempo aiutando la madre e gli altri banconisti o scorrazzando per il mercato. Quando il nonno la spaventa dicendole che la sinistra sia la mano del diavolo, esortandola a non usarla, la mancina I-Jing si convince di poter sfruttare quella “mano maligna” per taccheggiare piccoli oggetti da ogni venditore del mercato, pensando così di poter contribuire al sostentamento della famiglia. Questo suo nuovo criminale ma innocente passatempo la porterà a ribaltare le loro sorti, portando alla luce i segreti che hanno avvolto l’intera famiglia allargata in una tesa atmosfera di non-detti.

Il vissuto ecosistema del mercato notturno diventa il veicolo ottimale per seguire i rapidi movimenti e la spontaneità infantile di I-jing, la quale sembra giocare a nascondino con la camera tra colorate luci neon, musiche e schiamazzi. Per rispecchiare l’atmosfera confusionaria del mercato, la produzione ha affittato un vero chiosco, dove hanno realmente cucinato e servito clienti nel corso delle riprese. Inoltre, fresca della sua esperienza da cineoperatrice in Tangerine (2015, Sean Baker), la regista, volendo evitare gli sguardi in camera dei venditori e dei passanti, ha deciso di girare la maggior parte del film con operatori armati di iPhone mimetizzati nella calca, ottenendo così un magico equilibrio tra il falso recitato e il reale.

Un’energia calda e briosa permea l’intero film e, con frequenti primissimi piani, la camera a mano rincorrere i personaggi e ne svela l’emotività, riuscendo a catturare performance naturaliste sia da attori esperti che da debuttanti, tra i quali brilla il genuino spiglio monello di Nine Ye, la quale aveva soltanto sei anni.

L’idea di questo film risale al 2001, quando Shih-Ching Tsou cominciò a discuterne con un suo ex-compagno d’università, l’allora sconosciuto Sean Baker, mentre i due lavoravano su Take Out (2004), da loro co-sceneggiato e co-diretto. Successivamente, nel 2010, Tsou ha ospitato Baker a Taiwan così che i due potessero scrivere La mia famiglia a Taipei raccogliendo spunti visivi ed elementi tipici girando per le strade dove la storia sarebbe stata ambientata. Tuttavia, a differenza delle opere dell’americano Baker, la completa sceneggiatura del film è rimasta per anni nel cassetto in attesa di finanziatori interessati a progetti oltreoceano dall’impronta culturalmente specifica. Considerata la lunga partnership creativa tra i due autori, viene inoltre da ipotizzare che la natura di questo film abbia influenzato lo stile innocente e vibrante di Un sogno chiamato Florida (2017) di Baker, prodotto dalla stessa Tsou.

Con quest’intima opera finalmente nelle nostre sale, possiamo ammirare come Shih-Ching Tsou sia riuscita a bilanciare diversi toni e stili, dal comico al viscerale, tra tradizione e modernità, offrendoci inoltre una critica alla condizione femminile nella moderna società taiwanese. Grazie a una narrativa fluida e incalzante, il film intreccia storie umane fatte di risentimenti, rivendicazioni, liti familiari, confronti generazionali e silenziose ribellioni, costruendo un puzzle ricco di empatia e compassione.

Lo sguardo autentico della piccola I-jing e dell’autrice stessa è valso a questa schietta tragicommedia indipendente l’attenzione internazionale, vincendo premi alla Settimana della Critica del Festival di Cannes e come miglior film alla 20° edizione della Festa del Cinema di Roma. Con il suo realismo lirico, La mia famiglia a Taipei riesce a ricreare sul grande schermo l’elettrizzante frenesia dell’infanzia, trasformando il difficile vissuto di una caotica metropoli in un tenero racconto personale.

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Pubblicato il:

19 Dicembre 2025

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