Blur: To the end di Toby L

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L’undicesima edizione del Seeyousound si apre all’insegna della spensieratezza (da non confondere con la superficialità) dell’energico trio bolognese Sleap-E e dei Blur, amatissima band britannica che il pubblico torinese ha potuto riabbracciare godendosi la première italiana del documentario Blur: To the end (2025) di Toby L. Un punto di vista privilegiato per osservare la reunion dalla quale è scaturito The Ballad of Darren – ultimo album dopo uno iato durato otto anni – e, soprattutto, il tour inglese culminatosi con la storica doppia data di Wembley nell’estate del 2023.
«We have lost the feeling that we thought we’d never lose» canta Damon Albarn nell’album succitato. La frase potrebbe sembrare indirizzata alla band stessa – del resto non è prassi rara lo smembramento verso altri lidi dei componenti di un gruppo fondatosi in così giovane età – eppure il legame fraterno dimostrato dai vari membri della band, vero fulcro del documentario, suggerisce il contrario.
Il frontman e il chitarrista Graham Coxon sognavano di formare una band di successo già all’età di tredici anni, durante le ore di pausa della loro scuola a Colchester. In breve tempo la formazione si completa con gli ingressi del batterista Dave Rowntree e del bassista Alex James, e in pochi anni il successo nazionale e internazionale li travolge. Il documentario di Toby L non si lascia però influenzare dall’inevitabile nostalgia dei vorticosi anni ’90, aggrappandosi invece alla semplicità dei momenti quotidiani di quattro amici ormai maturi, consapevoli delle esperienze vissute e delle idiosincrasie che li attraversano. Una connessione nutritasi e sviluppatasi forse proprio grazie alla distanza, fisica e temporale, scaturita dalla loro scissione di inizio anni duemila. Quest’intermezzo ha evidentemente permesso ai membri di intraprendere i rispettivi progetti personali e costruirsi la propria individualità prima forzatamente racchiusa nella collettività del gruppo, per poi riunirsi in una versione meno esplosiva ma, forse, più spontanea e autentica.
Certo, i fantasmi del passato, soprattutto quello dell’abuso di droghe e alcol che ha coinvolto sostanzialmente ogni membro ed è stata la causa principale della loro rottura, sono sempre dietro l’angolo – come tiene a precisare Damon all’inizio del film –, ma la contagiosità e l’intensità del loro affetto reciproco sembrano ormai non poter essere seriamente scalfite. Almeno questo è il ritratto profilato dalla macchina da presa di Toby L, il quale non si è mai discostato da loro nell’anno e mezzo che li ha condotti, per la prima volta, al tempio della musica inglese: lo stadio di Wembley.
Al termine di To the end, film molto poco rock (come l’infortunio tennistico di Dave) ma sorprendentemente sincero, gli spettatori potranno apprezzare un’immagine meno patinata ma, almeno in parte, inedita della band, composta da tanti piccoli squarci di quotidianità – i tatuaggi temporanei di Damon, le stampelle di Dave, le sigarette di Alex e le magliette a righe orizzontali di Graham – capaci di ridurre la distanza tra noi e queste icone della musica britpop.
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