Hit Man – Killer per caso di Richard Linklater

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Hit Man - Killer per caso

Nella storica sitcom Seinfeld, il bugiardo patologico George dispensava all’amico Jerry, per superare la prova del poligrafo, uno dei suoi comandamenti: ‹‹It’s not a lie if you believe it››. Lezione non così dissimile da quella che Gary Johnson (Glen Powell), professore di filosofia all’Università di New Orleans, impartisce al termine di Hit Man Killer per caso ai suoi studenti, a dir poco sbigottiti dalla nuova versione, più affabile e sicura di sé, del loro timido e impacciato insegnante. Un percorso di autorealizzazione che mette in luce le numerose sfaccettature della nostra contemporaneità, sovrastimolante e superficiale, conflittuale e caotica. Una realtà decifrabile solo riducendola ai minimi termini, in questo caso la propria identità.

Chi è veramente Gary Johnson? Si sarà chiesto Richard Linlkater, regista di Hit Man, quando, circa vent’anni fa, è venuto a conoscenza della particolare storia di un professore universitario che, nel tempo libero, collaborava con la polizia locale per sventare potenziali omicidi. Per farlo assumeva l’identità di ‘Ron’, risoluto e affascinante sicario il quale accoglieva le richieste dei potenziali committenti solo per incastrarli con le loro stesse parole. Un lavoro di trasformismo estremo che porterà Gary ad assumere sempre più frequentemente l’identità del suo alter ego, fino a perdersi, volontariamente, in esso. Al termine di questa lotta identitaria Gary, costantemente sospeso tra le varie maschere da lui assunte, alcune più sincere di altre, sceglie d’intraprendere la via superomistica, avendo ormai accettato che la sopravvivenza nel caos odierno dipenda necessariamente da un atteggiamento profondamente egoista.

Così facendo, all’interno di questo racconto scanzonato e ironico, subentra un cinismo tutt’altro che trascurabile, parzialmente figlio (o meglio fratello) dei toni grottescamente nichilisti dei fratelli Coen. Tra le sue varie forme, Hit Man incarna anche quella del gioco intellettuale dal gusto macabro, ereditata in primis dal maestro della suspense Alfred Hitchcock, il quale si era chiesto ripetutamente, nelle sue opere cinematografiche come in quelle televisive, se fosse possibile attuare il delitto perfetto. È proprio quest’utopia a ritrarre perfettamente la sfida affrontata dal protagonista. Gestire impeccabilmente tutti gli imprevisti che possono rovinare l’attuazione di un omicidio – esattamente il contrario di ciò che avviene nei film dei Coen – equivale a realizzare una fantasia condivisa da qualunque essere umano: determinare autonomamente la propria felicità, raggiungere qualsiasi obiettivo prefissato, divenire la migliore versione possibile di sé stessi.

In un film permeato dall’atto della recitazione, inteso sia come necessità di ogni individuo di adattarsi ai vari contesti della vita sociale, sia come gesto professionale e quindi ancor più viscerale, un plauso particolare va a Glen Powell, mattatore e co-sceneggiatore del film, e alla sua ‘partner in crime’ Adria Arjona, elementi essenziali di questo meccanismo perfettamente calibrato. La sensualità sprigionata dai due fa da collante alle varie anime della pellicola, mantenendo intatta la sua essenza prismatica. Un sofisticato noir postmoderno, una rom-com squisitamente attraente, un’irresistibile screwball comedy contemporanea, un ingegnoso giallo e un thriller filosofico. Questo, e tanto altro, è Hit Man – Killer per caso.

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Pubblicato il:

17 Luglio 2024

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