Gloria! di Margherita Vicario
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Quando un’autrice decide di trasmettere la propria interiorità attraverso il suo primo film, non lo fa solo per l’inevitabile desiderio di comunicare, ma anche per avere la possibilità di (ri)scoprirsi. Gloria! si apre con un gruppo di bambini che giocano con la musica all’interno di una stanza che odora di legno bruciato e scricchiola ad ogni passo; si conclude poi con un’orchestra vera e propria, ma fuori da ogni controllo. In entrambi i casi è presente la musica, così come i bambini. È un gioco, Gloria!, e a Margherita Vicario piace giocare, questo lo si percepisce. L’arrivo in sala della sua prima opera rappresenta ciò che di più naturale si può riconoscere nella volontà di esordire alla regia: la volontà di una nuova generazione di artisti e il proposito di un gender, quello femminile, che desidera essere ascoltato o – come in questo film – riscoperto. Regista, cantautrice e attrice, Margherita Vicario riesce a creare – nella sua sincera e mai pretenziosa, né moralista, voglia di raccontare precisamente quella dimensione femminile – un’opera genuina, capace di parlare e farsi ascoltare da un pubblico ampio, senza sfociare nel superficiale. Una parabola storica d’inizio Ottocento che copre le vicende di un gruppo di orfane guidate dalla loro vocazione per la musica, oggetto di crescita e salvezza per ognuna di loro.
Un dialogo, quello tra musica e film, longevo quanto la stessa storia del cinema, costruito per mostrarci ancora una volta la necessità di sperimentare. Di giocare, appunto. In Gloria! tutto è musica: i cigolii delle porte, il gocciolio delle candele, i bisbigli e i pensieri; un’opera che preserva quella gioia infantile tipica di un bambino incapace di distinguere tra quotidianità e sogno, dove le note musicali elevano a coreografia un gesto ordinario. Le protagoniste crescono riscoprendo la loro parte bambina, imparano a supportarsi l’un l’altra in quanto vittime di una stessa maledizione, quella di essere nate nel periodo sbagliato. Questo spirito lo si riconosce in ogni singola scelta stilistica: dalla fotografia di Gianluca Palma, pittorica ma mai artificiosa, fino al montaggio, che abbraccia il ritmo musicale in tutte le sue variazioni e imprevedibilità. È un atto d’amore, il film di Margherita Vicario. Per le protagoniste, figlie di un tempo che non ha permesso loro di emergere; per le attrici, capaci di indossare i panni di quelle figure dimenticate attraverso un’acuta complicità e una naturalezza palmare; per la musica, intesa come atto vitale, un modo di stare al mondo; infine per noi, che durante la visione di Gloria! non possiamo far altro che unirci a quell’orchestra liberatoria finale.
di Zatch.
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