Eddington di Ari Aster

Diretto da
Starring
Nel deserto del New Mexico, tra gigantografie elettorali e mascherine anti Covid, Eddington (2025) di Ari Aster si dispiega tra immagini polverose e una profondità di campo che riflette un’America spaccata, incapace di mettere a fuoco sé stessa. Volti, gesti, cartelli elettorali, paesaggi convivono sullo stesso piano, senza gerarchie visive, mentre le voci dei personaggi, della tv e dei social si accavallano come in un coro caotico. È un mondo dove ogni punto di vista ha la stessa urgenza e reclama più spazio.
Protagonista del film è lo sceriffo Joe Cross (Joaquin Phoenix) – bianco, etero e con i capelli bianchi –, disorientato e incapace di esercitare l’autorità. Di fronte a lui, il sindaco Ted Garcia (Pedro Pascal) – ispanico e progressista – è al tempo stesso avversario politico in campagna elettorale e nemesi personale. Sullo stesso piano si muove l’America del 2020: la pandemia, Trump e le contraddizioni razziali emerse dopo la morte di George Floyd si intrecciano con teorie complottiste rumorose e invasive, che si insinuano nella vita privata del sindaco e trasformano la moglie Louise (Emma Stone) in un nodo centrale della narrazione. A dominare la scena è lo schermo: telefono, tv e tablet plasmano percezioni e relazioni, mentre i video complottisti diventano colonna sonora del quotidiano di Cross.
A completare il ritratto di un’America contraddittoria, le nuove generazioni diventano per Aster il volto delle lotte politiche e antirazziali, ma anche della loro deriva superficiale e spaesata. Aster li osserva con ironia grottesca, mostrando il senso di colpa dei bianchi per il proprio privilegio: «Questa non è la mia lotta, so di essere un’ipocrita!», urla una manifestante. Questa scelta di ridicolizzare le posizioni più radicali, come nel recente Una battaglia dopo l’altra (Paul Thomas Anderson, 2025), diventa un modo per rendere l’estremismo ancora più percettibile nella sua assurdità, spingendoci a riflettere su cosa stiamo diventando.
Aster spazia tra generi e riferimenti cinematografici, alternando il ritmo della narrazione a suo piacimento. Dalla prima fase di satira e delirio collettivo alla Don’t Look Up (Adam McKay, 2021), ai conflitti sociali e ideologici che evocano Civil War (Alex Garland, 2024), continuando con inseguimenti e sparatorie nel deserto tipiche dei fratelli Coen, fino a un finale karmico in cui nessuno è vincitore, ogni personaggio rimane “mutilato” da una guerra che non ha voluto combattere. Lo spettatore è immerso in questa montagna russa tramite carrellate e inquadrature mobili, che un tempo avrebbero fatto parlare di estetica da found footage e che ora invece rimandano a un registro visivo completamente diverso, un’estetica da smartphone gaze che trasforma la scena in un flusso da diretta social. Ogni personaggio sembra costantemente sotto tiro, osservato, dunque giudicabile e vulnerabile. Lo sceriffo, del resto, non sfodera dalla tasca la pistola come nello stereotipo western, ma il suo smartphone.
Eddington è un’opera densa e traboccante di spunti, quasi indigesta per quanto è carica, ma forse è proprio questa sua natura vorticosa a renderlo maggiormente autentico e compiuto. Oggi tutto si mescola in un flusso continuo che non conosce gerarchie – così come i suoi piani visivi e le voci dei personaggi –, dove ogni campagna social di indignazione è destinata a essere dimenticata velocemente e sostituita da quella successiva, tra una pubblicità e una skincare routine. Eddington è un film che ci lascia senza respiro, come l’asma di Joe Cross, soffocati da un feed infinito che scorre senza tregua.
Pubblicato il:
Tag:
Consigliati per te
Con 'After the hunt' Luca Guadagnino lavora sull'ambiguità morale dei suoi personaggi mettendo in luce le storture della nostra società
Nel deserto del New Mexico, tra gigantografie elettorali e mascherine anti Covid, 'Eddington' di Ari Aster si dispiega tra immagini polverose e una profondità di campo che riflette un’America spaccata, incapace di mettere a fuoco sé stessa.
Attraverso la storia di una famiglia, la vicenda dell'intero popolo palestinese è messa a nudo di fronte allo scorrere del tempo. Dalla Nakba ai giorni d'oggi.