The Gesuidouz di Kenichi Ugana

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La cantante Hanako (Natsuko), il chitarrista Masao (Leo Imamura), il bassista Ryuzo (Yutaka Kyan) e il batterista Satarou (Rocko Zevenbergen) sono i quattro moderni punkabbestia squattrinati che compongono il gruppo musicale The Gesuidouz. Hanako è praticamente certa che il suo gruppo musicale avrà, nell’imminente futuro, successo; o per meglio dire, è una fermezza autoimposta, perché lei, giovane ventiseienne, è oltremodo sicura che con il passare di un anno morirà, entrando a far parte del Club 27, come Morrison e Cobain. Prima della sua morte, Hanako ha un sogno per la sua band: essere gli headliner del Glastonbury Festival. Kenichi Ugana fa il suo ritorno con The Gesuidouz (2024), presentato al SEEYOUSOUND XI – dopo il suo lungometraggio Visitors – Complete Edition (2024), un esercizio di riassemblaggio e avvitamento di generi e subculture trash – che interloquisce direttamente con le sue opere precedenti, dissolvendosi via via in una dimensione temporale espansa tra corpi impassibili.
Hanako trascorre la sua vita tra icone, idoli e altarini, circondata da mura tappezzate da poster di film horror, foto di Jim Morrison, Kurt Cobain e i Nirvana, e riferimenti sparsi alla cultura punk inglese; il centro focale della musica scritta e suonata dai The Gesuidouz è costituito da queste stesse immagini devozionali. Il loro manager disfattista (Yuya Endo) è pronto a terminare il suo contratto con la band a seguito del loro primo e fallimentare album, e per rimediare alle perdite economiche e morali obbliga loro alla scrittura musicale forzata, lontano da Tokyo, nel coutryside – come nei migliori film comedy, riferimento di genere sempre presente nei film di Ugana, così come quello al cinema di Dario Argento, autore prediletto, di cui vengono citati ripetutamente i titoli nel corso del film. Nel transito dalla megalopoli alla campagna, il regista rivolge la sua attenzione all’atto della creazione artistica, diluendo all’estremo il carattere temporale, in una rappresentazione dell’esperienza sensoriale che sfiora il cinema di Aki Kaurismäki. I The Gesuidouz, assorbiti nella produzione della loro nuova canzone, riaffiorano dallo stato di eterna esclusione solitaria della vita moderna. L’esilio tra le immagini feticcio filmiche e musicali, in cui Hanako ha trascorso la sua vita fino a quel frangente, e che ha causato la creazione di canzoni più somiglianti al rigurgito di lunghe liste di “titoloni”, comincia ad allentarsi – analogamente, le immagini cinematografiche non dovrebbero stare rinchiuse in delle teche, ma richiedono continue reinterpretazioni e nuovi sguardi, come lo stesso Kenichi Ugana ha mostrato e continua ad evidenziare.
Le pareti della casa di campagna in cui alloggiano i The Gesuidouz vengono ritappezzate dai testi scritti da Hanako (suggeriti da John Cage, cane di razza Shiba Inu che sentenzia luoghi comuni triviali, il primo degli elementi di realismo magico che Ugana inserisce in The Gesuidouz) che si mescolano agli appigli cultuali della protagonista. Fogli accartocciati, strappati e divorati, e poi vomitati da Hanako. Dello slime verdastro avvolge un audio cassetta parlante dal titolo Texas Chainsaw Massacre: «La nuova canzone è nata» ed è un successo. Talvolta, è bastato stringere un mazzo di porri regalato dall’anziana signora, lavorare nei campi tra le radici di daikon, fare il bagno in una vasca inondata di paperelle di gomma, e riscoprire il sapore di un tortino di fagioli. Anche una stalla di vacche dispersa nel countryside giapponese, con un pubblico di zombie che «Puzzano di zombie!», può diventare il palco del Glastonbury Festival.
The Gesuidouz è in programma nella sezione competitiva LP Feature al SEEYOUSOUND ELEVEN, in replica il 27 febbraio 2025 alle 18:00. Il programma completo del SYS ELEVEN è disponibile qui.
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