My Way di Lisa Azuelos e Thierry Teston

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Esiste una molteplicità di film paralleli a quello proposto da Lisa Azuelos e Thierry Teston che si nutrono di tutte le rielaborazioni e riproposizioni di My Way archiviate nelle nostre menti. Essi affiancano l’opera dei due registi creando un ipertesto intangibile e tentacolare, composto dalle più di quattromila cover della canzone – che la rendono la più reinterpretata di sempre –, della quale un buona parte risuona dentro ognuno di noi senza nemmeno accorgercene. Un’abbondanza pericolosamente dispersiva per i due cineasti francesi che decidono quindi, nel loro My Way (2024), presentato in Italia in occasione dell’undicesima edizione del Seeyousound, di dare voce al brano stesso, per farle raccontare la sua incredibile storia. A narrare in prima persona le vicissitudini della sua genesi, dell’irruzione nel panorama musicale mondiale, della svolta politica dissacrante che affronterà e, infine, della sua celebrazione è la voce di Jane Fonda.
Nata in Francia, scritta da Jacques Revaux e cantata da Claude François, cresciuta negli Stati Uniti, riadattata da Paul Anka e resa memorabile da Frank Sinatra, le sue prime versioni sono intrise della malinconia propria dell’inarrestabilità del tempo che dissolve inevitabilmente esperienze e relazioni. Sia François che Sinatra riversano in My Way le delusioni amorose appena affrontate – rispettivamente con France Gall e Ava Gardner –, a cui il secondo aggiunge la rassegnazione di una carriera prossima alla fine. Uno sguardo al passato poi forzatamente rindirizzato al presente dalle versioni politicizzate di Nina Simone e Sid Vicious: la prima inserita nel contesto delle lotte per i diritti civili degli afroamericani, la seconda nella rivoluzione culturale inglese innescata dalla musica punk.
Gradualmente la canzone continua a evolversi, arrivando a rivolgersi al futuro. Il «When do I get to sing “My Way”?» cantato dagli Sparks nel 1994 sancisce infatti la sua trasformazione in simbolo di una rivendicazione individuale che, nel suo essere condiviso ormai globalmente, riflette un sentimento universale di rivalsa. Un grido di espressione personale che contagia qualsiasi ambito: Joe Frazier ne incide una sua versione dopo aver sconfitto Muhammad Ali; Trump, Kim Jong-un e Putin la usano ripetutamente nei loro comizi; viene frequentemente utilizzata – in particolare in Gran Bretagna – per salutare i defunti; e infine interiorizzata anche dall’industria dell’audiovisivo. Sono infatti numerosissime le sue apparizioni, nelle più disparate versioni, in prodotti televisivi e cinematografici. Scorsese sfrutta l’irrisoria interpretazione di Sid Vicious nel finale del suo Quei bravi ragazzi (1990) per sferzare l’attacco decisivo alla cultura americana del self made man. Sing (2016) riserva la versione cantata da un topolino dalla voce e dalle fattezze sinatriane per il gran finale, racchiuso emotivamente proprio dalla canzone. Nello stesso anno, con Nocturama, il regista francese Bertrand Bonello fa dell’esecuzione di Sinatra – cantata in playback – l’apice dell’illusoria euforia di un gruppo di ragazzi parigini impegnati in un attacco terroristico dai risvolti esistenziali.
Lisa Azuelos e Thierry Teston decidono quindi di non vivisezionare le varie reinterpretazioni, abbandonandosi invece in un’edonistica e ingorda abbuffata di cover – come dimostrato dalla produzione di due nuove My Way a opera di Clara Luciani e Ben Harper –, consapevoli che la magia di questo brano risieda nella sua capacità di tramutarsi in un passepartout per l’anima di chiunque la canti.
Il programma completo del SYS ELEVEN è disponibile qui.
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