Him di Justin Tipping

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'Him' di Justin Tipping

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Niente coraggio, niente gloria. É la ferrea legge di questo football americano, un credo raccontato da Justin Tipping e prodotto da Jordan Peele in Him, dove lo sport non è più tale, ma una vera e propria religione. Una fede che Cameron Cade (Tyriq Withers) impara sin da bambino: istruito dal padre davanti alla tv, mentre guardano, o meglio dire venerano, Isaiah White (Marlon Wayans), il miglior quarterback della stagione, forse della storia, il G.O.A.T.

Oggi Cameron è una giovane promessa, considerata erede del suo idolo e prossima al draft, il cui destino però è reso incerto da un grave trauma cranico, che potrebbe stroncare la sua prosperosa carriera sul nascere. È in quel momento che White lo contatta, offrendogli un allenamento intensivo di una settimana nella sua tenuta nel deserto, lontano da distrazioni e affetti. Un percorso che, dietro l’apparenza di semplici esercizi e pratiche sportive al fine di migliorare prestazioni e recuperi, si rivelerà ben presto qualcosa di molto più oscuro e estremo.

Him si presenta al grande pubblico come un horror sportivo — un filone inusuale e di nicchia — con una forte inclinazione verso l’action-thriller psicologico. Una scelta stilistica chiaramente influenzata dalla partecipazione indiretta di Jordan Peele, celebre regista di Get Out (2017), Us (2019) e Nope (2022), noto per la sua capacità di fondere sapientemente suspense psicologica e critica sociale. Da qui nasce una pellicola che scava nei lati più oscuri del football americano, portando in superficie l’uso del doping, il peso delle aspettative e le discriminazioni razziali, raccontate tramite scelte registiche degne di nota.

Divisa in sette atti, la narrazione cerca di sviluppare appieno questi temi, perdendosi però circa a metà del film. Him parte bene, prendendosi i giusti tempi, ma giunti nel clou dell’azione la ripetitività delle scene ambientate nella tenuta e il montaggio eccessivamente frenetico — seppur arricchito da intriganti soluzioni visive, come l’uso dell’x-ray — finiscono per disorientare lo spettatore più che catturarne l’interesse. La colonna sonora, troppo intensa e onnipresente, contribuisce a questa sensazione, rivelandosi il risultato di un cinema sempre più consapevole della ridotta soglia d’attenzione del pubblico. Fortunatamente, il film si riscatta nel finale, che offre un’ottima sequenza conclusiva — esaltata da scenografie di grande impatto — pur basandosi su un colpo di scena prevedibile ma efficace.

Interessanti sono i diversi simbolismi che arricchiscono il film, richiamando lo stile distintivo di Peele. Tra i più apprezzabili, spicca l’intreccio tra Fede e Sport legati tra loro tramite il concetto di fanatismo e la rappresentazione dello stadio come arena di gladiatori per evidenziare la brutalità insita in questo sport. Tuttavia, il contrasto tra bianco e nero che caratterizza il rapporto tra i protagonisti, forse tema cardine dell’opera, — rispettivamente Cameron Cade e Isaiah White — seppur concettualmente forte, viene penalizzato da un insufficiente sviluppo dei due personaggi. Stessa sorte tocca anche ai personaggi secondari, i quali risultano totalmente lasciati in disparte.

In conclusione, Him è un lavoro che possiede i suoi meriti. Nonostante le aspre critiche, forse dovute alle aspettative troppo alte dietro il nome di Jordan Peele — certamente non il migliore prodotto sotto la sua influenza —, la pellicola si rivela capace di suscitare un discreto interesse, sia come opera di puro intrattenimento, sia come thriller psicologico che scava nei recessi di un ambiente, quello del football americano, opportunista e malsano.

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Pubblicato il:

6 Ottobre 2025

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