Emilia Pérez di Jacques Audiard

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Emilia Pérez di Jacques Audiard

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In un raffinato bar inglese due donne iniziano a conversare. Parlano la stessa lingua, sono entrambe messicane. Tuttavia, quello che all’inizio pare un mero incontro casuale si rivelerà un piano architettato per ritrovare legami da tempo perduti.

Rita (Zoe Saldana), avvocata a Città del Messico, è insoddisfatta per lo scarso riconoscimento che riceve. Un giorno i suoi servizi verranno richiesti da Manitas del Monte, importante e temuto narcotrafficante, il quale le chiederà di aiutarlo a ritirarsi per sempre dai suoi loschi affari e a inscenare la propria morte. Il boss del cartello della droga ha infatti un desiderio, che da anni reprime dentro di sé: eseguire un intervento di riassegnazione del genere e rinascere come donna gentile e sofisticata. Rita accetta di sostenere l’uomo nella sua scelta radicale e si adopera per trovare un chirurgo discreto e allontanare la famiglia di Manitas – una moglie e due figli piccoli – da eventuali pericoli. Tuttavia, l’apparente successo dell’operazione (in tutti i sensi) farà fatica a stare al passo con rimorsi, affetti del passato e vite precedenti.

Dinamico ed esuberante, Emilia Perez di Jacques Audiard risulta a tratti eccessivo. Le sequenze musicali appaiono spesso caratterizzate da un’ironia forzata, e Vaginoplastia in particolare, brano in cui il chirurgo scelto per l’operazione di Manitas, che diverrà poi Emilia (Karla Sofía Gascón), elenca tutte le procedure mediche necessarie per la transizione, seguito da pazienti che descrivono la felicità conseguente all’operazione. Il risultato, seppur impattante, appare come una paradossale derisione di uno dei temi cardine del film: la transizione di genere viene banalizzata, resa frivola e sbrigativa da un gioco di ironia poco efficace. Vi è poi uno schematismo superficiale, venato da un profondo utilizzo dello stereotipo, a partire dall’iniziale voce roca di Manitas, dipinto come maschio violento e aggressivo, fino al processo di redenzione della gentile Emilia, costruito tramite eleganti gala di beneficenza e creazione di influenti ONG. Il film gioca poi troppo sulla spettacolarizzazione: diversi comportamenti di Emilia risultano plateali, i rapimenti paiono confusionari e sovrabbondanti, con il mero scopo di intrattenere. Alcuni personaggi, inoltre, sembrano essere delineati con l’unico fine di rispondere alle esigenze strutturali della trama: definita dalla stessa Zoe Saldana come una storia incentrata su quattro donne, la quarta di queste (Epifanía) appare più come accessorio narrativo che come figura di rilevanza, capace soltanto di generare ambiguità tanto sulla sessualità della protagonista quanto sulla presunta funzione di sostegno, supporto o addirittura amore autentico nei confronti di quest’ultima.

Ciononostante, merita senz’altro apprezzamento l’audace sperimentazione di Jacques Audiard nel tentativo di coniugare due generi tradizionalmente distanti. Da un lato, il film si struttura come narcos movie, caratterizzato dai tipici montaggi serrati e un impianto visivo di grande impatto; dall’altro, si evolve in musical, genere ricco di personaggi che danno voce ai propri sentimenti attraverso il canto. In questo intreccio stilistico emerge una celebrazione del cambiamento positivo, spesso associata alla rappresentazione dei personaggi LGBTQ+, la quale arricchisce ulteriormente la narrazione. Meritevole anche la scelta di raccontare la vita di una donna trans in una situazione del tutto sfavorevole a questo cambiamento, in un contesto in cui la transizione di genere è vista come un folle atto di sovversione che può costare la vita. La trama racconta, con un pizzico di furbizia, questioni di grande attualità nel dibattito pubblico mondiale, sviluppandole tuttavia in circostanze di rado prese in esame. Ciò che emerge, in definitiva, è che Jacques Audiard sembra essersi adagiato sull’unicità peculiare della propria opera, privando i personaggi di potenza emotiva. Provare empatia nei confronti della protagonista appare faticoso, sia a causa dei suoi comportamenti, sia per la frammentarietà con cui la sua vita precedente viene accennata, ridotta a fugaci istanti. Emilia Perez risulta dunque, nonostante le numerose candidature a premi prestigiosi, un’occasione sprecata per suscitare riflessioni significative e profonde.

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Pubblicato il:

17 Gennaio 2025

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