Eternity di David Freyne

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Il Torino Film Festival inaugura la sua 43ª edizione con Eternity di David Freyne, una commedia romantica capace di unire leggerezza e riflessione esistenziale giocando con i concetti di tempo e amore eterno. La storia segue Joan, interpretata da Elizabeth Olsen, una donna appena deceduta che si ritrova in un aldilà organizzato come un elegante albergo d’epoca anni ’50, dove ogni ospite è chiamato a scegliere come trascorrere l’eternità. L’ambientazione è curata nei dettagli: corridoi affollati di manifesti che reclamizzano “Mondo Queer”, “Mondo Casinò”, “Mondo Weimar (ora con il 100% di nazisti in meno!)”, sportelli in cui funzionari dall’aria spaesata illustrano le diverse opzioni di post-vita e sale d’esposizione dove l’eternità viene venduta come una vacanza senza fine. Ogni elemento dello spazio fantastico è studiato per creare un senso di plausibilità, trasformando l’aldilà in un luogo surreale ma concreto; in questo contesto straniante, Freyne è libero di esplorare temi universali come memoria, desiderio e responsabilità delle scelte, rendendo il mondo oltre la vita un laboratorio di emozioni, possibilità e riflessione.

Al centro della narrazione si colloca il dilemma sentimentale di Joan: trascorrere l’eternità con Luke (Callum Turner), primo amore caduto in guerra e simbolo di desideri irrisolti, oppure con Larry (Miles Teller), marito per 67 anni e incarnazione rassicurante della quotidianità. Il triangolo amoroso alterna momenti di comicità – non mancano le battute sul fascino di Turner – a sequenze più malinconiche, in cui emergono la complessità dei sentimenti e l’influenza dei ricordi sulla nostra identità. I ricordi, felici o tristi, sono conservati in archivi speciali, accessibili su richiesta agli ospiti tramite biglietto, come se fossero opere da visionare in consultazione. I momenti di gioia vengono rappresentati come recite scolastiche, mentre dietro i fondali si intravedono le ombre dei ricordi dolorosi: una disposizione che sottolinea come la memoria possa condizionare le scelte e la percezione dell’eternità, trasformando così la nostalgia e il rimpianto in strumenti narrativi concreti. La “settimana di prova” concessa a Joan diventa così una provocazione ironica: un lasso di tempo così breve è sufficiente a determinare il resto dei millenni a venire? In Eternity, la dimensione temporale diventa un dispositivo per riflettere sul valore dei momenti vissuti e sull’impossibilità di codificare il sentimento in regole semplici.

Il cast sostiene con abilità il tono oscillante della pellicola. Olsen dona a Joan una vulnerabilità costante, riuscendo a far emergere il contraccolpo emotivo di ogni scelta anche nei passaggi più surreali. Teller costruisce un personaggio affabile e concreto, mentre Turner incarna l’irresistibile forza dell’ideale e del fascino giovanile. Tuttavia a lasciare il segno è soprattutto Da’Vine Joy Randolph nei panni di Anna (la personale Consulente dell’aldilà di Larry): il suo personaggio si impone con naturalezza sulla scena come vero comic relief della vicenda e ogni sua apparizione arricchisce la storia di umanità, illuminando i momenti più comici e alleggerendo quelli emotivamente complessi. In questo modo, il film riesce a fondere commedia, introspezione e riflessione morale, offrendo al pubblico un’esperienza sfaccettata, tanto leggera quanto profonda.

Quando Joan accarezza l’idea di non scegliere nessuno dei due uomini e di partire per un’eternità parigina con l’amica Karen, la vicenda sfiora una possibilità narrativa audace, quasi liberatoria. Avrebbe potuto essere un finale di rara intelligenza emotiva, capace di superare il tradizionale vincolo romantico, ma Freyne si orienta verso un epilogo più convenzionale, riportando la protagonista dentro lo schema della scelta amorosa. Nonostante questa decisione narrativa, Eternity rimane un’opera sensibile e affettuosa, che ricorda come la finitezza sia ciò che rende la vita preziosa. La storia invita a riflettere sull’equilibrio tra desiderio, sicurezza e libertà emotiva, e sul fatto che le scelte definitive non coincidono sempre con ciò che immaginiamo sia “giusto” o “perfetto”. In questo senso, riecheggia con forza l’idea che «forever is the sweetest con»: l’eternità come promessa che consola e, al tempo stesso, inganna. Una chiave di lettura perfetta per la dolce amarezza che permea il racconto di Freyne, confermando la capacità di Eternity di coniugare fantasia e introspezione in modo delicato e autentico.

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Pubblicato il:

22 Novembre 2025

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