Si è conclusa domenica la 24ª edizione del Glocal Film Festival, evento che da anni valorizza la produzione cinematografica piemontese e ne racconta l’evoluzione attraverso incontri, retrospettive e proiezioni speciali. L’edizione di quest’anno ha registrato una partecipazione particolarmente ricca di autori e professionisti del settore, confermando il ruolo centrale del festival nel panorama culturale regionale.
Tra gli ospiti più attesi spiccava il regista e sceneggiatore torinese Gianfranco Barberi, figura di riferimento del panorama cinematografico e underground locale, al quale il festival ha dedicato un omaggio articolato in tre appuntamenti. Attraverso un percorso costituito da altrettante proiezioni, il pubblico ha potuto ripercorrere alcune tappe fondamentali della sua carriera e approfondire il suo rapporto con colleghi, maestri e collaboratori che ne hanno influenzato il percorso creativo. Il tributo è iniziato mercoledì 12 novembre al Cinema Massimo con la proiezione della versione restaurata di Reazione a catena (1971) di Mario Bava. Il primo appuntamento, introdotto da Barberi insieme a Steve Della Casa, ha permesso di esplorare il sodalizio professionale tra il cineasta torinese e uno dei padri del cinema di genere italiano: un’occasione in cui Barberi ha condiviso con il pubblico alcuni retroscena inediti del loro legame e riguardo la stesura del soggetto del film, rivelando interessanti aspetti della collaborazione e del contesto produttivo dell’epoca.
L’omaggio è proseguito il pomeriggio successivo, ancora una volta al Cinema Massimo, con la proiezione di Hotel Roma. Ritratto di un amico (2000), diretto da Gianfranco Barberi. Il documentario ripercorre alcuni dei luoghi torinesi più significativi nella vita e nell’immaginario di Cesare Pavese, dalle strade che ne custodiscono la memoria fino al luogo in cui lo scrittore scelse di togliersi la vita, la stanza 346 dell’Hotel Roma di Torino.
L’opera non si limita però a rievocare la figura del poeta: il racconto ruota attorno alla censura che colpì la reading-performance che Cesare Viel, protagonista del documentario e presente al festival per introdurre il film insieme a Barberi, avrebbe dovuto presentare nel 1999. L’intervento performativo, che prevedeva la lettura di Ritratto di un amico di Natalia Ginzburg, testo dedicato all’amico e poeta scomparso, fu infatti ostacolato da pressioni e polemiche sollevate da un articolo del quotidiano La Stampa, in cui l’iniziativa veniva definita inappropriata. Un anno dopo, raccontano Gianfranco Barberi e Cesare Viel, questa censura divenne il punto di partenza per dar vita ad una riflessione più ampia sul rapporto tra memoria letteraria, libertà artistica e spazi pubblici della cultura, esplorando il rapporto tra Cesare Pavese, la città di Torino e la volontà di rendergli omaggio attraverso nuovi momenti di condivisione.
Il tributo si è concluso venerdì 14 novembre presso Casa Glocal, all’Unione Culturale Franco Antonicelli, con la proiezione di Requiem (2003), documentario diretto da Gianfranco Barberi. La serata finale ha assunto un valore particolare perché ha offerto, grazie alla presenza dello stesso Barberi, l’opportunità di approfondire temi sociali che, pur radicati nel contesto locale, risuonano oltre i confini della città. Il dialogo con il pubblico è diventato parte integrante dell’esperienza, permettendo di sviluppare un confronto critico a partire da un film che ha saputo restituire con lucidità e rigore le condizioni del lavoro, le contraddizioni interne alla comunità operaia e la complessa realtà delle persone che ne fanno parte.
Requiem prende avvio dalla camera ardente allestita per Giovanni Agnelli presso la piattaforma dell’ex stabilimento del Lingotto, luogo simbolico in cui la storia industriale di Torino si intreccia con quella dei suoi lavoratori. Da questa scena iniziale, Barberi costruisce un racconto che mette in luce, senza retorica, l’intreccio di consapevolezze e fragilità che caratterizza la classe operaia: da un lato l’analfabetismo sociale e culturale sedimentato da decenni di trasformazioni produttive, dall’altro la sorprendente lucidità con cui molti lavoratori interpretano il proprio ruolo e il proprio destino all’interno di un sistema in rapido mutamento. In questo senso, Requiem non è soltanto un documento prezioso della nostra storia recente, ma un’opera che continua a offrire strumenti per interrogare le attuali dinamiche sociali. La sua riproposizione ha concluso il tributo a Gianfranco Barberi sotto il segno di un dibattito importante, invitando a riflettere sullo stato passato, presente e futuro della comunità locale e, più in generale, dell’intera collettività.

