Le due rassegne pomeridiane dedicate al cinema di animazione della dodicesima edizione del Torino Underground Cinefest si sono tenute nei giorni di sabato 27 e domenica 29 settembre presso l’ormai celebre cineteatro Baretti, a San Salvario.

La sala gremita di gente, l’introduzione del festival con i suoi toni neon-dark e una selezione di cortometraggi in diverse tecniche animate che hanno colorato i volti degli spettatori torinesi immersi nel buio. Vincitrice assoluta della rassegna è la stop-motion, tecnica tanto efficace quanto lunga da realizzare, ma che regala “l’illusione del movimento” grazie alla materialità propria di plastilina, puppets e stoffe. Piccole opere come Dagon (2024) di Paolo Gaudio, Budo (2024) di Alexander Toma e Amanda Aagard e, ovviamente, Playing God (2024) di Matteo Burani – per citarne solo alcuni. Sguardi personali, a volte al limite della comprensione del pubblico, ma che sollevano i dubbi di una generazione; inquadrature asfissianti, volutamente strette e concentrate; l’estremo portato sullo schermo con animazioni “per adulti” che parlano con un linguaggio proprio, cercando a tratti l’ironia come valvola per lo spettatore che, immerso in questi set di carta e cartoncini, trova la risata come mezzo per evadere da uno specchio forse troppo veritiero. I cortometraggi di animazione proiettati in queste due rassegne parlano chiaramente: il mondo dei cartoni animati riesce a parlare con uno spettro ampissimo di emozioni, al disgusto segue la fantasia, confusione e sollievo si accodano a loro volta, creando il clima ideale per la riflessione dello spettatore.